Fiducia è la ventiquattresima parola di questo bizzarro mese di Agosto. La parola che si guadagna lentamente e si perde alla velocità della luce.
Tutti i sistemi biologici basano la loro sopravvivenza sulla fiducia in sé stessi.
Questo vale per un animale unicellulare, come l’ameba, che si fida di quello che percepisce, riceve il segnale generato dal bisogno, o dal pericolo, e immediatamente ricerca una risposta adeguata. Questo semplice schema vale per tutti gli esseri viventi.
Solo gli esseri umani fanno eccezione.
La fiducia si guadagna goccia a goccia, ma si perde a litri.
Jean-Paul Sartre
Gli uomini si sono abituati a far passare il segnale, non importa se di bisogno o di pericolo, attraverso le maglie del filtro della fiducia educata. Maglie che, in alcuni casi, sono talmente strette, da diventare la causa di un continuo conflitto tra ciò che viene percepito, la possibilità di tenerne conto, e il modo scelto per creare un’azione adeguata.
La fiducia ha un certo numero di relazioni che non apprezza, perché la annichiliscono.

Una è quella con l’educazione, che vuole scegliere di rompere il patto con un funzionamento evolutivo, quando, talvolta rifiutando il segnale, impone sempre i tempi e i modi della risposta. Questa spesso genera un malessere, conseguenza del cattivo rapporto con sé stessi.
Difficile poi è far sopravvivere la fiducia quando deve soccombere alle convinzioni, all’immagine, al ruolo. Sembra che la parola di oggi non ami molto la compagnia con tutto ciò che rappresenta una manifestazione di rigidità o di forza.
Per coltivare la fiducia, una pianta fragile dai frutti generosi, abbiamo bisogno di sentirci trattati bene, da noi e dagli altri. Ecco allora, che non può trattarsi solo di una parola: la fiducia ha bisogno di silenzio e di azioni.
E vuole stringere una relazione solo con la libertà, che per la fiducia è assolutamente indispensabile.
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Un saluto da Renato.
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