modello culturale liberista

Luci E Ombre Del Modello Culturale Liberista

di Gianni Spulcioni

Tra gli ultimi decenni del ‘900 e questo primo ventennio del Duemila, il modello culturale liberista ha perso colore e smalto.

Continuiamo la nostra storia sul Neoliberismo, iniziata con L’Economia E Il Suo Impatto Sulla Vita Di Tutti Noi, e proseguita con Neoliberismo Economico: There Is No Alternative. Oppure No?. Abbiamo analizzato eventuali aspetti positivi con Il Grande Progresso Portato Dal Modello NeoLiberista. E oggi cerchiamo di leggere luci e ombre di questo modello culturale liberista.

Si parlava del trentennio felice dopo la seconda guerra mondiale e dei suoi benefici.

Il capitalismo è sopravvissuto al comunismo. Bene, ora si divora da solo.

Charles Bukowski

Il progresso economico alimentò gli sviluppi della tecnologia e della scienza che nelle loro applicazioni pratiche contribuirono a facilitare la vita di tutti e a diffondere benessere (basti pensare alla medicina, … o alla lavatrice). A sua volta ne fu alimentato. Difatti, gli sviluppi successivi, con una progressiva accelerazione, avrebbero poi portato al cambiamento di epoca attuale, digitale e non solo.

modello culturale liberista

Le condizioni al contorno, economiche e sociali, e le scelte politiche di quegli anni, aiutarono il consolidarsi, se non proprio la diffusione, delle libertà individuali e della democrazia. Flussi di informazione e di comunicazione, gradualmente sempre più sviluppati e diffusi. La circolazione inarrestabile di idee, il miglioramento delle conoscenze, lo sviluppo culturale, e tanto altro. Tutto ha contribuito a rendere la vita un posto migliore.

Sono processi, tendenze di medio lungo periodo e perciò impossibili da ingabbiare in definizioni e tempi precisi e circoscritti. Certo, i problemi non mancavano anche allora. Pensiamo, ad esempio, all’Italia degli anni Settanta, degli anni “di piombo e del divario Nord Sud. O alla eccessiva presenza di Stati clientelari nell’economia.

Tuttavia, in una sorta di “visione dall’elicottero“, una visione di insieme dall’alto, si può dire che c’era di certo molto più bianco che nero.

modello culturale liberista

Innestato all’interno di questo quadro di riferimento così positivo, il modello culturale liberista si sarebbe intestato e avrebbe giustamente vantato i suoi successi (la data simbolo del 1989 aiutò parecchio) nelle decadi a venire. Successi incontrovertibili.

Ma ci sono dei ma. Forse qualcosa non è andato come previsto. Perché non è davvero un caso, se oggi, in Occidente, si parla sempre più di diseguaglianze crescenti, di concentrazione esasperata delle ricchezze nelle mani di pochi. Oppure di globalizzazione eccessiva e malata, di smodato ricorso alla finanza (investimenti in prodotti finanziari sempre più complessi e numerosi), di masse enormi di capitali sempre in movimento. Come di precarietà e disoccupazione, di ascensori sociali bloccati e, in un crescendo preoccupato, di paura per il futuro, di mancanza di visione, di Stati inefficienti, di odio per le élites, di movimenti populisti avanzanti e di seri pericoli per la democrazia.

Sia subito chiaro, però, un concetto.

Nessuno strumento, nella storia dell’uomo, si è dimostrato più efficace dell’economia di mercato (il capitalismo, come si diceva una volta) per generare e mantenere benessere.

Il capitalismo corre sempre il rischio di ispirare gli uomini ad essere più interessati a guadagnarsi da vivere che a vivere.

Martin Luther King

E’ assai complicato e tutt’altro che lineare. Ognuno (che sia l’imprenditore o il fornaio all’angolo, direi… ogni soggetto economico) nel mercato, cerca di ottimizzare il proprio sforzo per ottenere il massimo risultato. E l’equo incrociarsi di questi sforzi permetterà l’equilibrio generale, favorendo il benessere della collettività. L’importante è che si preservi, al massimo, la libera concorrenza tra tutti gli attori del mercato. Questo perché, in questo modo, si impedisce che qualcuno, giocando sporco, prevalga sugli altri, danneggiando l’interesse collettivo.

Massima concorrenza significa massima produzione possibile, al costo più basso possibile e al minimo prezzo possibile per i consumatori. Un meccanismo virtuoso che porta le imprese a migliorare la propria efficienza (produttività) e a diminuire gli sprechi, in modo da offrire al mercato il prodotto al prezzo più basso.

Utopistico pensare che esista la concorrenza perfetta. Ma più ci si avvicina meglio è. Preservare la libera concorrenza, al massimo livello possibile, è compito delle istituzioni, dello Stato, e delle loro regole.

modello culturale liberista

Dunque ci vuole libero mercato, libera concorrenza. Ma anche Stato. Tutt’altro che facile, però, porre regole e farle rispettare. Senza entrare in temi di etica politica, dipende molto dalla visione strategica che si ha della società nel dato paese, nel dato momento. E di quanto, in base ad essa, si è capaci di perseguire l’interesse realmente collettivo e non di qualche parte. Se qualcosa non funziona, o funziona male, nascono problemi. Ecco perché sono cruciali le regole e le istituzioni.

Il libero mercato, il capitalismo, ha portato alla prosperità e al progresso. Che per qualità e quantità non hanno uguali nella storia. Tuttavia, ad un certo punto, questo bel quadro ha cominciato a sbiadire i suoi brillanti colori. Almeno per il mondo occidentale. Non in tanti se ne sono resi conto.

Certe scelte politico-istituzionali, o non scelte, hanno la loro responsabilità se oggi viviamo direttamente o indirettamente quei “ma”, di cui sopra. A ciò aggiungiamo, poi, certi cambiamenti indotti dalla tecnologia.

Abbiamo visto la fase di grande crescita pian piano arrestarsi, la trasformazione tecnologica e digitale accelerare e consolidarsi con i suoi effetti positivi ma anche negativi. Abbiamo visto rimettere in discussione cose che pensavamo scontate per sempre e per tutti: lavoro, stabilità, benessere e molto altro.

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Tra gli ultimi decenni del ‘900 e questo primo ventennio dei Duemila, il quadro ha perso molti colori. E il modello culturale liberista un po’ di smalto.

Cosa è successo?

Ciao da Gianni!

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