La scoperta del Carbonio-14, una delle più importanti del secolo scorso, ha permesso la datazione cronometrica dei materiali di origine organica presenti in Natura.
«Il Passato – l’oscura epoca insondata!
Il golfo brulicante – i dormienti e le ombre!
Il passato – l’infinita grandezza del passato!»
[Walt Whitman, da “Passage to India”]
Il 27 febbraio del 1940, al Berkeley Lab dell’Università della California, i chimici Martin Kamen e Samuel Ruben realizzarono una scoperta straordinaria. Essi confermarono l’esistenza di un isotopo del carbonio, il carbonio-14 (o radiocarbonio), il quale rappresenta oggi uno strumento fondamentale per la datazione radiometrica.


L’identità chimica di un atomo è stabilita dal numero di protoni contenuti nel nucleo ovvero da quello che viene chiamato numero atomico. Se l’atomo è neutro il numero di protoni è uguale al numero di elettroni. Accade però che atomi di uno stesso elemento differiscano per il numero di neutroni. Questi atomi, detti isotopi, hanno quindi lo stesso numero di protoni e di elettroni ma diverso numero di neutroni.
Gli isotopi di uno stesso elemento chimico hanno masse leggermente diverse. Ma, sostanzialmente, le stesse proprietà chimiche. Per identificare gli isotopi generalmente si specifica il numero di massa, indicato con la lettera A, il quale rappresenta la somma del numero atomico e del numero di neutroni.
Quando il rapporto tra numero di neutroni e numero di protoni è molto elevato il nucleo diventa instabile. E tende a stabilizzarsi emettendo una particella e trasformandosi spontaneamente nel nucleo di un altro elemento. Tale processo viene chiamato decadimento radioattivo.
Quasi tutti gli elementi esistono in due o più forme isotopiche. Il carbonio ha in tutto 15 isotopi. Tre di questi sono presenti in natura mentre gli altri sono prodotti artificialmente.
In Natura, il 99% circa degli atomi di carbonio hanno 6 protoni e 6 neutroni, ovvero numero di massa A = 12 (si parla infatti di carbonio-12 o ¹²C). Nonostante questo, l’isotopo più interessante è probabilmente quello avente 6 protoni e 8 neutroni, l’unico ad essere instabile e dunque radioattivo: il carbonio-14 o ¹4C.

Il carbonio è l’elemento della tavola periodica che forma più composti dopo l’idrogeno. Rappresenta circa il 18% della nostra massa corporea ed è presente in tutte le forme di vita conosciute. Il carbonio è, quindi, l’elemento fondamentale della materia vivente: la vita è fatta di carbonio.
L’esistenza di un isotopo radioattivo del carbonio era già stata ipotizzata da Franz Kurie nel 1934. A Yale, Kurie eseguiva esperimenti sulla radioattività indotta da neutroni in elementi leggeri. Sei anni dopo, Martin Kamen e Sam Ruben hanno rilevato la radioattività di un campione di diossido di carbonio (CO₂) dopo aver bombardato un bersaglio di grafite con nuclei di deuterio (costituiti da un protone e un neutrone) nell’acceleratore del laboratorio di Berkeley.
Ma perché il ¹4C è così importante?
La conoscenza di questo isotopo fornisce un metodo di datazione cronometrica dei materiali di origine organica (ossa, legno, conchiglie, carta, tessuti ecc.), ovvero permette di determinare l’età cronologica del reperto.
Il carbonio-14 viene prodotto nell’alta atmosfera, quando le particelle dei raggi cosmici collidono con i vari atomi presenti liberando neutroni ad alta energia. Questi neutroni vengono assorbiti da atomi di azoto-14 (numero atomico Z = 7). I quali, come conseguenza, espellono un protone, trasformandosi in atomi di carbonio-14 (numero atomico Z = 6).
La reazione può essere scritta come segue: ¹4N + n → ¹4C + p.

Il ¹4C, presente in piccole quantità in atmosfera, viene assorbito dalle piante sotto forma di diossido di carbonio nei processi di fotosintesi. Gli animali erbivori, nutrendosi di piante, immettono il carbonio radioattivo nella catena alimentare.
Finché l’organismo è vivo, assume quantità dei vari isotopi del carbonio, sempre nella stessa proporzione. E il loro rapporto rimane costante. Con la morte il ciclo si interrompe. Gli organismi non assumono più carbonio e la proporzione dei tre isotopi comincia a cambiare. Il ¹4C infatti, essendo radioattivo, decade trasformandosi in un altro elemento, l’azoto-14.
Come per tutti gli elementi radioattivi, il decadimento avviene in modo regolare. E’ il tempo di dimezzamento che descrive tale regolarità nella pratica sperimentale. Ovvero il tempo necessario affinché la quantità iniziale di sostanza si riduca della metà. Il tempo di dimezzamento del ¹4C vale 5730 anni.
Misurando la quantità residua di ¹⁴C nei resti di organismi viventi e conoscendone il tempo di dimezzamento è possibile calcolare la durata del processo di decadimento e quindi l’età del campione.

Il metodo del carbonio-14, messo a punto tra il 1945 e il 1955 dal chimico statunitense Willard Frank Libby, permette di datare reperti archeologici e geologici di età fino a 60000 anni. E ha consentito di ricostruire un’accurata cronologia dei re dell’antico Egitto, attribuire un’età di circa 5000 anni all’Uomo di Similaun (noto anche come Ötzi). E infine di identificare i resti mortali del Caravaggio, risolvendo un giallo che durava da 400 anni.
Per poter utilizzare correttamente il metodo è importante anche tenere conto dell’impatto dell’attività umana sul ciclo del carbonio. Ad esempio, i test nucleari condotti nel secondo dopoguerra hanno provocato un grande aumento nel radiocarbonio in atmosfera (il cosiddetto “bomb peak“, ovvero “picco delle bombe“). La causa di questo aumento è da ricercarsi nell’enorme flusso di neutroni emessi durante le esplosioni nucleari.
Chris Turney propose questo picco come possibile definizione per l’inizio di una nuova era geologica: l’Antropocene, ovvero l’epoca geologica attuale, in cui l’ambiente terrestre è fortemente condizionato dall’azione umana.
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Ciao da Stefano!
Bibliografia:
Martin D. Kamen, Early history of Carbon-14, Science, 1963;
Colin Renfrew, Il carbonio-14 e la preistoria dell’Europa, Le Scienze, 1972;
Chris Turney et al., Global Peak in Atmospheric Radiocarbon Provides a Potential Definition for the Onset of the Anthropocene Epoch in 1965, Nature, 2018;
Chris Turney, Radiocarbon revolution: the story of an isotope, Nature, 2019;
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