Le storie di San Magno nella splendida cripta di Anagni furono realizzate dal cosiddetto ‘primo maestro’ o ‘Maestro delle Traslazioni‘.
La storia di San Magno è narrata ad Anagni, nella cripta della Cattedrale. Uno spazio strepitoso pieno di affreschi e di vicende religiose. San Magno è il patrono della città di Anagni. E la sua storia è raccontata in posizione preminente, nella fascia che corre lungo l’abside della cripta, proprio dietro l’altare reliquiario, proprio sotto il catino con l’Agnello in Gloria.
Nella prima scena, racchiusa nel riquadro che apre appunto la striscia narrante, si vede san Magno inginocchiato all’altare. Poi inizia il racconto della beffa. Raggiunto dai legionari dell’imperatore Decio e rifiutatosi di abiurare la propria fede, il vescovo chiese tempo per prepararsi, pregando, a subire il martirio. Ma ora gli sgherri di Decio lo trovarono morto, sottratto così dal suo Dio alle loro angherie.

Perciò vediamo tre soldati con barba e mantelli che si guardano spiazzati. Un terzo già infierisce sul corpo del santo. Non potrà più decapitarlo da vivo, ma almeno si toglie la soddisfazione di scotennarne il capo, di asportare la calotta con la grande spada.

Nella seconda scena della lunga fascia affrescata, il corpo di Magno, con la testa così martoriata, viene trasferito in processione. Da Fondi, dove il santo morì, giunge in processione a Veroli, dove viene accolto con tutti gli onori, e dove sarà collocato, come si conviene alle spoglie di un sant’uomo. Questa è la ‘prima traslazione‘. Dalla lettiga passa ad un sontuoso reliquiario, costruito per garantirgli un degno ed eterno riposo.
Che però durò solo qualche centinaia d’anni. Accadde, infatti, che a Veroli, i saraceni, dopo aver conquistato la città, si accamparono proprio presso la basilica. Ed ebbero la malaugurata idea di usarne la cripta come stalla per i cavalli, offendendo San Magno che si vendicò uccidendo tutte le bestie. Come risposta al santo decisero di profanare il sepolcro e di estrarne il cadavere e di buttarlo fuori dalla chiesa.
Ecco la scena che apre la seconda parte della lunga fascia. Il condottiero dei saraceni, il truce Muca, siede coronato sul trono. Davanti a lui i cittadini di Anagni, inginocchiati, riscattano il corpo miracoloso del santo. Che di nuovo si avvia, questa volta verso Anagni, iniziando la ‘seconda traslazione‘. Qui troverà, finalmente, pace nella Cripta di Anagni, a lui precisamente e definitivamente dedicata.

La vicenda del duplice trasferimento del corpo di san Magno è attribuita, insieme ad altre, al primo maestro. Generalmente riferendoci agli autori degli affreschi della cripta di Anagni, si parla di tre “maestri” con i loro aiuti. Il ‘primo maestro’ si chiama appunto “Maestro delle traslazioni“. E presenta uno stile, una narrazione e un’intensità che sono ancora fortemente di sapore paleocristiano.
Le parti dipinte dal “Maestro delle Traslazioni”, tra cui proprio la storia delle traslazioni di san Magno, stupiscono per la presenza di dettagli innovativi e inattesi. Infatti tra la folla di Anagni in attesa del corpo notiamo, meravigliati, la presenza di molte donne – monache, sì, ma senza dubbio donne.

Nella vicenda della pittura italiana è forse il primo caso in cui il gentil sesso, inteso come gruppo, come entità, come realtà sociale, è rappresentato in piazza, ad un evento pubblico, a far valere la sua opinione.
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