10 opere di Edvard Munch per celebrare la sua importanza e la sua visione nella storia dell’arte tra Simbolismo ed Espressionismo.
Edvard Munch (Loten, Hedmark, 1863 – Ekely, Oslo, 1944) è stato un pittore norvegese, uno dei più importanti. Autore forse di uno dei quadri più iconici delle storia dell’arte, L’urlo.
A un anno di età si trasferì con la famiglia a Christiania, l’odierna Oslo. Dopo una breve parentesi tecnica, iniziò a dedicarsi alla pittura, realizzando opere di soggetto intimista di respiro naturalistico. Nel 1881 entrò in una scuola di disegno ove potè seguire i corsi dello scultore Middelthun. In quegli anni frequentò l’ambiente artistico della sua città, la cosiddetta bohème artistica di Christiania.
Nel 1885 raggiunse Parigi dove subì le influenze degli impressionisti, di Edouard Manet e di quei capolavori del passato, conservati al Louvre. Al suo ritorno, abbandonò gli accenti impressionisti e iniziò a lavorare ad alcune opere che resteranno tra le più importanti della sua produzione: la prima versione di Bambina malata, Il giorno dopo e Pubertà. Tre quadri che fanno parte del ciclo sulla vita dell’uomo, chiamato Fregio della vita, a cui se ne aggiungeranno altri.
Nel 1889 si recò nuovamente a Parigi e si iscrisse alla Scuola d’Arte di Leon Bonnat. Poi, alla morte del padre, rientrò in Norvegia ove rimase fino al 1891 quando una nuova borsa di studio lo riportò in Francia. In quei primi anni la sua pittura divenne sempre più personale e realizzò quadri fondamentali nella sua produzione (Il bacio, 1893; Il grido, 1893; Vampiro, 1893-94; Malinconia, 1899).
In queste opere piega gradualmente le intonazioni simboliste, incarnate da colori allusivi e antinaturalistici e da una linea marcata, densa di valenze espressive, verso accezioni decisamente più espressionistiche (Ragazza seduta sul letto, 1915-16).
I problemi psichici di cui soffriva lo costrinsero dapprima ad un ricovero nel 1908. Poi nel 1916 si decise ad acquistare una proprietà vicino ad Oslo, dove poter dipingere in tranquillità. Gran parte dei suoi ultimi dipinti celebrano l’idillio della vita agreste. A posare per queste scene bucoliche, spesso vi era anche il suo cavallo, Rousseau. Ciò malgrado, le sue energie creative erano esaurite, tanto che riuscì a portare a termine solo pochissime opere. Per la maggior parte sono rappresentazioni della sua figura in solitudine, della quale intendeva scrutarne, in maniera impietosa, la vecchiaia e il progressivo deterioramento.

Negli anni trenta e quaranta, la propaganda nazionalsocialista perseguì le opere di Edvard Munch, definendole «Entartete Kunst» (Arte degenerata). Queste misure vessatorie, che vennero adottate anche con le tele di Picasso, Paul Klee, Matisse, Gauguin e altri artisti moderni, comportarono l’immediata rimozione delle 82 opere munchiane esposte nei musei tedeschi.
A ciò si aggiunse la paura, sorta nel 1940 con l’occupazione nazista della Norvegia, di un imminente sequestro della sua opera omnia. Munch allora aveva 76 anni. E non era consapevole che ben settantuno sue opere avrebbero fatto poi ritorno in Norvegia, acquistate da collezionisti privati.
Edvard Munch morì nella tenuta a Ekely il 23 gennaio 1944, appena un mese dopo il suo ottantesimo compleanno.
Ecca qua le sue 10 opere di Edvard Munch, tra le più belle e significative.
1. Ritratto della sorella Inger, 1884, olio su tela, cm 97×67, Nasjonalgalleriet, Oslo

Ritratto che sente le influenze di due maestri di Munch: Christian Krohg, il più importante pittore naturalista norvegese, e Frits Thaulow, un paesaggista fedele alla scuola di Barbizon. Nel ritratto di Inger, la ragazza è raffigurata di tre quarti, in leggera torsione, il che conferisce alla scena un’estrema dinamicità. Le suggestione è potenziata dall’effetto di vibrazione della pellicola pittorica che pare tremolare sotto una luce mobile. C’è grande predominanza del nero e questo raffinato effetto nero su nero è spezzato dal rosa della carnagione, cui l’artista conferisce eccezionale risalto. In questo modo l’attenzione dell’osservatore viene indirizzata sul viso e sulle mani, cui è affidata la psicologia della figura.
2. Il mattino. Ragazza sul bordo del letto, 1884, olio su tela, cm 96,5×103,5, Bergen Kunstmuseum, Bergen

Seguendo ancora Frits Thaulow, sperimentò il lavoro en plein air. E applicò ai suoi quadri certi stilemi dell’Impressionismo. In questo dipinto questo è palese. Munch intendeva richiamare alla mente le scene di Monet e Renoir, la loro volontà di catturare l’impressione di una determinata ora del giorno. La luminosità del mattino, infatti, è il vero soggetto del dipinto. Il pittore studia i riflessi luminosi sugli oggetti in vetro, il vassoio, la tenda bianca, la testata del letto, i capelli e la pelledella ragazza, che si tinge di sfumeture rosse, bianche e blu.
3. Sera sul viale Karl Johan, 1892, olio su tela, cm 84,5×121, Bergen Kunstmuseum, Bergen

Questo viale era la strada principale di Christiania, l’attuale Oslo. Munch ne ha fatte diverse versioni giovanili, tutte di ispirazione impressionista. Nel quadro del 1892 quella piacevole atmosfera impressionista viene completamente sostituita da un’intonazione lugubre. Insieme alla sera, sulla strada sembra essere calato un silenzio tombale e la folla sembra essere un corteo spettrale. Le figure che marciano verso di noi, il nero degli abiti, il pallore dei volti rivelano il tema dell’alienazione e dello spaesamento dell’individuo, come in una pièce di Ibsen. Il pittore si sposta verso un sentimento simbolista, conosciuto a Parigi. Nei visi allucinati delle figure si scorge, però, già un’anticipazione dell’Espressionismo, di cui Munch sarà uno dei capostipiti.
4. Malinconia, 1892, olio su tela, cm 64×96, Nasjonalgalleriet, Oslo

Munch era solito trarre ispirazione dalle proprie emozioni, che venivano proiettate sulla natura circostante, trasformandola in paesaggio interiore. Il suo linguaggio si è ormai staccato dal Naturalismo e Impressionismo degli esordi, facendosi sintetico ed essenziale. Tanto che questo dipinto fu definito ‘la prima opera simbolista della pittura norvegese‘. Così parlava il pittore nei suoi diari: “Camminavo lungo il mare… Le rocce sorgevano sull’acqua come mistici esseri marini… Il mare blu e viola saliva e scendeva… Sembrava che ogni cosa fosse morta, come in un altro mondo. Un paesaggio di morte“.
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5. Il grido, 1893, tempera su cartone, cm 83,5×66, Munch-museet, Oslo

“Camminavo lungo la strada con due amici, quando il sole tramontò. I cieli diventarono improvvisamente rosso sangue e percepiì un brivido di tristezza. Un dolore lancinante al petto. Lingue di fiamma come sangue coprivano il fiordo neroblu e la città. I miei amici continuarono a camminare e io fui lasciato tremante di paura. E sentiì un immenso urlo infinito attraversare la natura“. Così Munch racconta la genesi di uno dei dipinti più celebri della modernità. Si tratta di un’opera che, con potenza visiva inaudita, condensa il senso dell’irrimediabile perdita dell’armonia tra uomo e cosmo, spingendo tale consapevolezza fino a un punto di non ritorno. Non c’è più alcun realismo, la natura e i colori esistono in funzione della percezione interiore. Ogni cosa diventa specchio dell’anima. E la raffigurazione diventa emblema del dolore universale.
6. Pubertà, 1893, olio su tela, cm 149×112, Munch-museet, Oslo

L’opera descrive la nascita dell’amore. Rappresenta la scoperta della sessualità nell’adolescenza. L’ambientazione si riduce a un letto spoglio, che assume la consistenza di una superficie dura e fredda, sul quale siede una giovane nuda. Il suo sguardo è velato di malinconia, è fisso nel vuoto mentre il suo volto, toccato da una luce gialla, sembra quasi una maschera di cera. La sua ombra si allunga sul letto, ingigantendosi a dismisura dietro di lei. La macchia scura sul muro si trasforma, così, in una presenza minacciosa, i cui significati simbolici si moltiplicano. Essa allude alla rivelazione dell’angoscia esistenziale che si accompagna al risveglio dei sensi, al destino tragico che incombe inevitabilmente su chi ama.
7. Vampiro, 1894, olio su tela, cm 91×109, Munch-museet, Oslo

“I suoi capelli rosso sangue si erano in me. I loro lacci più sottili si erano avvolti intorno al mio cuore“. Il dipinto trasforma un momento di tenerezza in uno di orrore. Non soltanto, infatti, l’abbraccio della coppia è carico di disperazione ma troviamo anche un ambiente spoglio, i tratti dei volti indistinti e anche una netta contrapposizione tra la donna nuda e l’uomo vestito. E’ una scena di morte. La protagonista è un demone che getta una maledizione sul compagno, uccidendolo con un morso. Munch, al pari di Klimt, è, forse, colui che ha rappresentato con più efficacia il tema della femminilità assassina. Nella tavolozza, ristretta a poche sfumature di neri e bruni, il rosa del braccio nudo e le ciocche rosse dei capelli acquistano eccezionale evidenza, accentrando l’attenzione sulla figura femminile.
8. Il giorno dopo, 1894-95, olio su tela, cm 115×152, Nasjonalgalleriet, Oslo

Il dipinto affronta il tema della donna nel proprio letto, tema ricorrente nella pittura ottocentesca. Artisti molto importanti si erano cimentati in questo soggetto. Essi rappresentavano spesso nudi femminili distesi, ammiccanti e voluttuosi ma Munch li disprezzava, definendoli “… immagini da saponette, che interessano la borghesia, come le etichette sui pacchetti di sigarette“. Qui, la donna raffigurata è sola e la stanza è povera e disadorna. La luce del mattino colpisce il suo volto, il busto e il braccio, rivelando una una scena cruda. Non c’è sensualità, nè erotismo ma piuttosto un accento sull’oblio causato dall’alcool. Le bottiglie in primo piano ci parlano dell’abbrutimento dovuto ai liquori.
9. La bambina malata, 1896, olio su tela, cm 121,5×118,5, Konstmuseum, Goteborg

L’infanzia dell’artista fu segnata, in maniera indelebile, dai lutti familiari, che divennero un soggetto ricorrente nei suoi dipinti. La morte per tubercolosi della sorella Sophie, in particolare, avvenuta quando Munch aveva 14 anni, si trasformò nell’emblema della sofferenza della sua famiglia. “Nessun pittore ha vissuto un suo tema fino all’ultimo grido di dolore come me quando ho dipinto La bambina malata…”. Ne dipinse varie versioni, in quella di Goteborg i colori sono più intensi e la scena meno rarefatta ma la superficie appare, comunque, graffiata, sofferente essa stessa. L’impatto emotivo del dipinto è fortissimo. Le due donne, sebbene unite dall’incontro delle mani, appaiono chiuse in un dolore personale e incomunicabile, segnato dalla consapevolezza dell’approssimarsi della morte.
10. Il bacio, 1897, olio su tela, cm 99×81, Munch-museet, Oslo

Di questo quadro ne esistono numerose varianti. L’attimo fugace del bacio è, per Munch, lo spartiacque tra la fase di illusione e speranza che precede la consumazione dell’amore, e quella della tragedia che inevitabilmente ne deriva. Ma nemmeno al momento dell’unione è attribuito un senso di felicità. Uomo e donna sono vestiti di nero, in una stanza buia. Fuori c’è un mondo dai colori allegri, invece all’interno della camera l’atmosfera è greve ed opprimente. E l’abbraccio comunica un senso di disperazione. La superficie pittorica è graffiata, come amava fare Munch con il manico del pennello. Anche Gustav Klimt, 10 anni dopo, avrebbe raffigurato un bacio, in cui la coppia è avvolta d’oro e sembra lievitare estaticamente in mezzo all’aria. Opposta è l’interpretazione di Munch. L’individualità dei volti degli amanti viene completamente annullata. Infatti, per il pittore norvegese amore significa rinuncia all’identità, distruzione della propria anima.
Ciao da Tommaso!
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