eldrado

Il Ciclo Di Sant’Eldrado E San Nicola Alla Novalesa

di Tommaso Baldi

Gli affreschi della vita di Sant’Eldrado e San Nicola nell’abbazia di Novalesa come esempio di pittura della fine dell’XI sec.

Lo sviluppo della pittura italiana tra l’XI e il XII secolo fu influenzato dalle diverse civiltà che gravitavano in Italia, in quel periodo. La varietà delle condizioni politico-sociali, la presenza di luoghi di pellegrinaggio, nonchè l’intrecciarsi di scambi e rapporti con la cultura islamica e bizantina, favorirono uno sviluppo caleidoscopico di linguaggi pittorici.

Il variegato repertorio pittorico mostrò un tratto comune. La pittura, infatti, venne utilizzata ovunque con funzione didascalica. Principalmente per narrare le storie sacre, muovendo gli animi dei fedeli alla devozione. A questo proposito, un esempio perfetto è rappresentato dal ciclo pittorico di Sant’Eldrado e San Nicola alla Novalesa, abbazia benedettina fondata nel 726 in Piemonte.

Il ciclo affrescato nella cappella dedicata a Sant’Eldrado, nel complesso monastico novalicense è ascritto a un atelier lombardo attivo alla fine dell’XI secolo, con risultati straordinari. Il passaggio della reliquia del dito di San Nicola (1096-97), proveniente dalla Puglia e diretta in Francia, comportò l’insolita scelta iconografica. Così le storie del vescovo di Mira accompagnarono quelle di Eldrado, santo abate della Novalesa, vissuto nel IX secolo.

Sant’Eldrado e San Nicola

Le scene sono presentate in modo speculare. Occupano ciascuna una campata e sono distribuite in quattro vele e due pareti per santo. Le storie di San Nicola sono nella navata, verso l’altare. Quelle di Sant’Eldrado nella prima campata, nei pressi dell’ingresso.

Della vita di San Nicola sono rappresentati:

  • l’elezione e la consacrazione a vescovo di Mira;
  • Il miracolo della dote a due fanciulle povere;
  • il miracolo in cui il santo salva tre ragazzi;

Notevoli i particolari, tratti dalla vita quotidiana. Come la rappresentazione di una donna che allatta al seno, di un cesto a intreccio dal quale fuoriesce un gomitolo. E infine delle lenzuola movimentate nel letto. Negli affreschi delle pareti, Nicola debella i culti pagani, al pari di Sant’Eldrado che allontana i serpenti da un luogo monastico.

Sono rilevabili altre corrispondenze. Come nelle figure simboliche rappresentate al centro delle due volte. L’agnello mistico in quella di San Nicola, la colomba nell’altra. I due santi compaiono assieme anche ai lati della Maiestas Domini. Accanto a loro due monaci genuflessi, uno dei quali identificato con l’abate Adraldo. Chiudono la scena i due arcangeli Michele e Gabriele. Entrambi dotati di labaro (-Vessillo con asta trasversa e drappo quadrato-) con simboli cristologici. Nella controfacciata, alla Maiestas Domini corrisponde il Giudizio Finale, con Cristo Pantocratore seduto in trono.

Le vicende della vita di Sant’Eldrado, proveniente, secondo alcuni, dalla Provenza (Ambillis), sono narrate nelle vele della volta successiva. E nelle due pareti laterali corrispondenti. Le quattro vele convergono in un tondo centrale con la colomba nimbata (-coronata d’aureola-) che simboleggia lo Spirito Santo.

Nella prima vela si vede Eldrado. Intento, in tunica rossa, nel castello di Ambillis, a coltivare la vite. Seguono le scene con lui che riceve la bisaccia e il bordone del pellegrino. Poi Eldrado pellegrino che giunge stremato alla Novalesa, simbolicamente indicata dalla presenza delle cappelle.

Infine, Eldrado con la tonsura (-rito, oggi abolito, che segnava l’ingresso nello stato clericale: consisteva nel taglio di cinque ciocche di capelli effettuato dal vescovo, a simboleggiare la rinuncia al mondo da parte del nuovo chierico-).al momento di ricevere l’abito monastico dell’abate Amblulfo.

La narrazione appare speculare. Alla fatica dei campi corrisponde quella del pellegrinaggio, alla vestizione da pellegrino, la consegna dell’abito monacale.

Nelle pareti laterali si collocano il miracolo dei serpenti allontanati dal luogo monastico e la morte del santo. Qui risalta la serenità del volto dell’abate in contrasto alla tristezza dei monaci. Sotto al letto di morte dell’abate, l’autore ha anche dipinto la cassa del suo sepolcro, facendo riferimento alla tradizione per cui molti abati, vissuti nell’Alto Medioevo, avrebbero preparato in vita la propria sepoltura.

Il ciclo si distingue per importanza cromatica. Ma anche per l’espressività dei personaggi e per l’utilizzo delle architetture dipinte come quinte sceniche diversificate e dettagliate. E anche, per i numerosi particolari tratti dalla vita quotidiana. Notevole anche la soluzione della croce con Agnus Dei, con cui si ripartisce una delle campate in quattro scene nelle quattro vele.

Il tutto è concepito secondo diverse simmetrie. Ed è corredato da iscrizioni didascaliche in lettere maiuscole di colore bianco, con abbreviazioni.

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