L’arte ci aiuta, ci solleva, ci fornisce la linfa vitale, crea quelle rotture che ci stimolano. Ma, al contempo, nuoce alla nostra salute?
Nelle mie conversazioni con appassionati e collezionisti, sono anni che affermo che l’arte prima di tutto è ‘un investimento in salute‘.
E ci credo fermamente perchè l’acquisto di un quadro deve sottostare principalmente a regole emotive più che economiche.
Avere un’opera d’arte, poterla guardare, toccare, gustare, è appagante?
Dovrebbe esserlo, perchè così ci sentiamo meglio. E affrontiamo meglio le situazioni quotidiane. Insomma l’arte salva la vita. E’ un toccasana.
Purtroppo da qualche giorno non ne sono più tanto convinto. E perchè?
Perchè alcuni scienziati hanno messo in guardia gli appassionati d’arte, frequentatori di musei e gallerie, dal pericolo che deriverebbe dall’inquinamento crescente dovuto al deteriorarsi delle opere di arte contemporanea. Deterioramento che dipende dalla loro assimilazione e dai materiali che le compongono.

Il primo ad essere chiamato in causa è il famigerato Damien Hirst. Con i suoi animali imbalsamati e collocati nelle teche colme di formaldeide. Il più famoso ed iconico che conosciamo, è lo squalo tigre di circa 3 metri. Lo squalo è sospeso nel liquido trasparente. Il risultato è un’immagine di morte e terrore ma, contemporaneamente, anche di maestà della natura. Perché il mostro viene bloccato nell’eternità, vivo e capace di terrorizzare, per sempre.
L’opera divenne presto un simbolo di una generazione, della sua vitalità di pensiero e della sua illimitata creatività. Ma, allo stesso tempo, fu l’immagine più dirompente dell’inevitabile presenza della morte nella vita di ognuno di noi.
Dopo quest’opera, non sembra possibile spiegare meglio, a parole o con altre immagini, la contraddizione assoluta insita nell’uomo. Il quale spende tutte le sue energie per la vita e deve fare i conti ogni giorno con la morte. Forse potrà solo far finta di niente, cercare di non pensarci, ma lei, alla fine, s’imporrà.

Il problema nasce quando ci si rende conto che l’eternità bloccata nel liquido blu stride drammaticamente con il preoccupante e lento degradare verso la scomparsa dell’opera stessa (che di eterno, quindi, non ha proprio niente).
La formaldeide, sostanza usata spesso ma comunque fortemente tossica, presente in queste opere milionarie, trasuderebbe dal sigillante rendendo gli spazi espositivi, sia nei musei che nelle gallerie, pericolosamente cancerogeni.
Stesso identico discorso si può fare anche sulle radiazioni provenienti da installazioni video, sulle vernici tossiche, sui materiali sintetici alterati chimicamente. E anche su quelli facilmente infiammabili che sono al centro di numerose e fondamentali opere d’arte del ventunesimo secolo.
Infatti, dire che la maggior parte dell’arte contemporanea è costituita da lavori bidimensionali chiamati dipinti è una cosa palesemente falsa.
Un dipinto dovrebbe essere di facile definizione: il prodotto di materiali pittorici che vengono applicati su una superficie piatta. Ma cosa possiamo dire delle polveri di piombo (che furono dichiarate altamente velenose per l’apparato respiratorio) di Ai Weiwei, per esempio, o dei dipinti con feci di elefante di Chris Ofili, degli assemblaggi con l’immondizia di Robert Rauschenberg e delle composizioni con insetti di Jan Fabre. Senza affrontare tutti quegli artisti importanti che usano il sangue, le lacrime, lo sperma o l’urina per i loro lavori.

Pertanto, ci troviamo di fronte allo scontro tra eterno ed effimero. Da una parte l’opera espressione di un’arte senza tempo. E dall’altra una creazione mortale che si sta lentamente consumando e sta perdendo la sua originale consistenza cioè il suo essere opera d’arte.
Siamo di fronte ad un’arte contemporanea che è, allo stesso tempo, fonte di vita, di creatività. Ma anche dannosa per la nostra salute.
Eterno/mortale, vita/morte, due facce della stessa medaglia. E anche l’arte sembra non esimersi da questa dicotomia, come del resto la vita, la società e l’uomo stesso.
In realtà, dall’inizio del XX secolo, gli artisti hanno iniziato ad utilizzare una varietà di materiali sperimentali, poco testati, o nati da mix non documentati. Per cui la conservazione delle opere prodotte, è diventata non solo un’emergenza per i musei, ma anche una sfida che pone interrogativi importanti sulla natura stessa dell’arte.
E come dobbiamo reagire davanti a un lavoro che sembra essere in via di scomparsa? La risposta ci deve indirizzare verso quello che conta, cioè l’idea. Ecco perché spesso queste opere vengono, più che restaurate, rifatte.

Viene, perciò, da chiedersi se si possa continuare a riferirsi a quei lavori “rimaneggiati” come agli “originali“, a quelli veri. Quelli che nascevano dall’idea primigenia dell’artista oppure dobbiamo parlarne come di feticci dell’idea che si piega al mercato imperante.
Voi che ne pensate? Io ritengo che un po’ di sudditanza al mercato ci sia, in questi casi. Fino agli inizi del Novecento, le opere nascevano per essere tramandate ai posteri.
Oggi, invece, sono pensate per essere comprese nella loro immediatezza.
L’eternità e l’originalità dei manufatti sono diventati nuovi miti da sfatare. Quindi le caratteristiche dei materiali e la loro deperibilità diventano parte integrante dell’opera stessa. E variabile più che significativa per un giudizio economico e artistico. Ma questo non è facile. Paradossalmente sappiamo di più sulla tecnica di un oscuro artista del Quattrocento che su quella di esponenti delle correnti più all’avanguardia di questo secolo.
Il dilemma non troverà facilmente una soluzione e penso che nel prossimo futuro sia destinato ad allargarsi viste le nuove sinergie nascenti tra le nuove discipline 2.0.
L’unica cosa che spero è che non vengano preparati nei musei o nelle gallerie, biglietti d’ingresso con stampato sopra “L’arte nuoce gravemente alla salute“.
Adesso, se volete, dedicate 5 min nel dirmi che ne pensate. Mi interessa molto la vostra idea sull’argomento, di coloro che sono del settore soprattutto.
Ciao da Tommaso e…. che l’arte sia con voi!!
Vieni a visitarci sulla nostra pagina Facebook e Metti il tuo MiPiace!
Condividi il nostro articolo sui tuoi social >>
3 commenti
Ciao Tommaso, entusiasmante il tuo articolo, bello sentire un sincero e accorato richiamo allo spessore che si contrappone all’effimero. Forse possiamo stare a guardare, tutti in silenzioso scoramento, ma permetterci di dire, così, chiaramente, che abbiamo voglia di tornare al bello che viene dalla capacità manuale più che allo shock dell’originalità a tutti i costi…ambientali e di salute addirittura…è un bel privilegio. Complimenti!
I’ll immediately snatch your rss feed as I
can not to find your e-mail subscription link or e-newsletter service.
Do you have any? Kindly let me understand so that I may just subscribe.
Thanks.
Dear Jack,
thank you very much. I proceeded to put your email on our mailing list , so you’ll get one or two times a week an email with the best published articles.
This blog is still being tested and it is growing, therefore there are still some problems . We are doing everything possible to solve them.
Greetings
Tommaso